Vincent Willem van Gogh
Vincent van Gogh nasce a Zundert, piccolo paesino olandese nel 1853. Nonostante fin dalla giovanissima età mostri interesse per la pittura, il padre un pastore calvinista lo indirizza verso la Goupil & Co. Famosa casa d’aste specializzata nella riproduzione di stampe e per la quale collaborano pittori celebri.
La carriera artistica di Vincent inizia all’età di ventisette anni. I soggetti dei suoi quadri sono autoritratti, paesaggi, girasoli, campi di grano, cipressi. Alla base della sua produzione pittorica c’è l’influenza del realismo paesaggistico di Barbizon e Millet. Per dieci anni fino alla morte Van Gogh si dedica intensamente alla pittura e le tematiche come i colori delle sue tele variano e si modificano in relazione alla sua triste vicenda personale e alla sua instabilità psichica. Il primo Vincent è quello della terra grigia e tetra olandese e quella belga del Borinage. Restano famose le sue tele atte a rappresentare il mondo degli umili. Contadini, poveri, minatori diventano i personaggi delle sue rappresentazioni pittoriche. E’ il duro lavoro della terra a diventare protagonista in un post-impressonismo che abbraccia il realismo della vita moderna. I mangiatori di patate, resta per ammissione del pittore stesso, uno dei suoi quadri più riusciti e sentiti. Una flebile luce che illumina i visi sporchi. Le mani che arano un terreno sassoso. L’ethos del duro lavoro manuale trasuda attraverso il pathos dei colori, mai così scuri e terrosi. Un’immedesimazione quasi assoluta di Vincent con i soggetti rappresentati.
La virata impressionistica colpisce Il pittore olandese durante il suo viaggio nella Ville Lumiere. E’ proprio da quel momento che l’artista viene travolto dalla quantità di colori presenti e dai diversi movimenti artistici che vivono la Parigi del tempo. L’impressionismo è ormai, nella sua fase più matura. Stanno nascendo nuovi stimoli pittorici. Gli impressionisti da una parte e i divisionisti dall’altra.
La luce e le linee della pittura dell’impressione si scontrano con le linee e i punti. Il colore si modifica così come la rifrazione e l’ elaborazione della luce.
Il giovane artista interiorizza questo insieme di stilemi, creando uno stile originale che porterà la sua arte verso nuove vette pittoriche.
La spinta realistica che infuoca l’arte di Vincent è da ricercare nella scuola di Barbizon. Non c’è più la necessità nei suoi quadri di cogliere l’effimero attimo che la luce dona, ma si scopre la necessità di riportare la bellezza realistica della natura filtrata attraverso l’interiorità dell’artista. Anche le forme assolutamente libere dell’arte giapponese influenzano il suo stile.
I trentasette autoritratti dipinti da Van Gogh possono essere definiti come il testamento del suo disagio che si contrappone con il momento di gioia che Vincent ha nei confronti del ritratto. Un connubio di colore e forme che coglie l’essenza dell’animo dell’autore.
Anche la natura ha un ruolo fondamentale nella sua produzione pittorica. I cipressi che diventano come gli obelischi egizi suscitano sentimenti contrastanti. Morte, disperazione, ma anche inno alla vita e alla bellezza della natura. Indimenticabili però, restano i fiori, uno su tutti il girasole che tornerà in uno dei suoi dipinti più famosi. Qui la luce entra prepotentemente nel quadro, il colore giallo brilla sulle foglie rendendo la tela quasi un altorievo ad olio.
I campi di grano, ultima serie di dipinti che il triste Vincent dipingerà in vita, sono l’emblema di una luce che il Van Gogh uomo brama senza però riuscire a trovarla. Il campo di grano diventa dunque la rappresentazione fisica di un mondo immagignifico e fantastico che si chiude con un presagio di morte. Sono i corvi che volano su queste spighe a portare via per sempre, la bellezza del vivere.