Pierre Auguste Renoir
Pierre Auguste Renoir nasce il 25 febbraio 1841 a Limoges, piccolo paese dell’Haute-Vienne. Di estrazione piuttosto modesta il piccolo Pierre-Auguste, quarto di cinque figli, si trasferisce a Parigi all’età di tre anni. Dopo poco tempo le su doti artistiche si fanno sempre più evidenti e a soli tredici anni inizia a lavorare come decoratore di ceramiche presso la ditta Lévy che fallirà però nel 1858.
Appena diciassettenne diventa allievo di Marc Gabriele Glayre, pittore dall’impostazione figurativa classica, maestro di molti pittori impressionisti.
L’artista si rapporta nei confronti dell’arte del suo tempo in maniera anti-intellettualistica. Le sue opere sono uno specchio della vita bohemien della fine dell’ottocento, pervasa da gioia di vivere povertà e amore per l’arte. Renoir è un vero e proprio operaio della pittura che si pone come punto di incontro tra esperienze artistiche eterogenee. Non rinnega ma anzi abbraccia la pittura en plein air ma allo stesso tempo si avvicina allo stile di Ingres, Raffaello Sanzio e Courbet.
Tutta la sua produzione artistica si basa sulla gioia di vivere, perché tutto ciò che di bello esiste nel mondo aveva diritto di essere rappresentato.
Le opere del pittore infatti colgono gli aspetti più diversi della vita, che vengono riportati su tela con delle pennellate fluide e un uso radioso e romantico della luce. La pittura pertanto non è un rigido stilema di regole da seguire, ma un piacere che deve trasparire dalla rappresentazione pittorica. La luce viene particellarizzata e depositata sulla tela con un tocco delicato, che segue per certi versi lo stilema impressionistico senza però rinunciare ad abbracciare l’epoca moderna, che molti artisti del tempo invece rifiutano.
Dopo il suo viaggio in Italia nel 1881, il pittore francese studia con attenzione l’arte dei maestri del rinascimento scoprendo la perfezione estetico figurativa delle forme che l’impressionismo non era stato capace di cogliere. In questo periodo l’artista abbandona l’impressionismo per unire il modello raffaellesco a quello neoclassico ingressiano.
La sua fase aigre supera così l’instabilità visiva impressionista e approda a una pittura più incisiva per sottolineare la costruttività delle forme e un recupero attento dei volumi. Alla solidità dei contorni si accosta una castigatezza del colore che porta all’abbandono del plein air in favore di un ricco bagaglio figurativo. I paesaggi scompaiono e i nudi femminili aumentano lasciando agli occhi l’opulenza di ciò che si vede incarnato.
Dott. Christian Humouda