L’impressionista Claude Monet
Claude Oscar Monet nasce a Parigi nel 1840. Nonostante l’iniziale contrarietà del padre per la sua scelta di percorrere la carriera artistica, il giovane Claude viene subito in contatto con la natura incontaminata della Normandia, un elemento questo, insieme alle vedute portuali, che ritornerà prepotente nella sua attività pittorica.
I primi passi nel mondo dell’arte parigina iniziano però, con il disegno caricaturale. Sono circa un centinaio le opere disegnate dal pittore ed esposte presso la bottega Gravier’s di Parigi. L’evoluzione estetica e contenutistica dei suoi lavori si svilupperà solo in seguito, sotto le indicazioni di Boudin. E’ grazie a lui che il giovane Monet si avvicina alla pittura in plein air, tecnica che sarà alla base dei suoi quadri successivi.
La cifra stilistica e innovatrice di Monet si ritrova nel suo modo di ricreare il mondo. Il pittore abbandona le rappresentazioni canoniche della realtà per dipinge uno spazio frammentato fatto di pennellate e colori. Le immagini si decompongono in una molteplicità di tratti di differenti tonalità, stese con gesti rapidi da lasciare le figure confuse e non rifinite.
L’essenzialità dell’Impressionismo è quello di cogliere tutte le rifrazioni della luce, la sua mutevolezza e il suo splendore cangiante. Di Monet resta famosa la serie di trenta tele che rappresentano la cattedrale di Rouen rappresentate nei diversi momenti del giorno e nelle varie condizioni atmosferiche. Qui l’oggetto è solo un pretesto per scandagliare le infinite variazioni di luci e colori, mutevoli nel tempo e suscettibili di impressioni diversissime tra loro.
Sono le ombre ad essere la grande scoperta del pittore francese. Quella di Monet è un’ arte basata sulla percezione dei colori del mondo. In ogni ombra si ritrovano sottili sfumature che attraversano le zone illuminate fino alla luminosità dei colori puri. Non esiste in natura un colore ben definito, ma un insieme astratto di tonalità che variano a seconda della luce e delle condizioni ambientali.
Le ombre nella pittura accademica hanno la funzione di essere un contrappunto dialettico nei confronti delle zone di colore. Con l’arrivo dell’Impressionismo queste aree di non colore assumono lo stessa importanza di quelle composte dai colori primari. Monet abolisce il nero e determina di volta in volta il colore delle ombre in base al rapporto cromatico tra i corpi che le proiettano e le superfici che le ricevono.
Tali caratteristiche si ritrovano anche nella prima mostra impressionista tenutasi a Parigi. In quell’occasione Monet espone uno dei suoi dipinti più famosi. La veduta del porto di Le Havre, dal titolo, Impression. Soleil levant.
La successiva conversione di Monet ai colori puri non fa che aumentare la vibrazione cromatica del blu, inteso come colore complementare. Non più rigido sostenitore del en plein air, Monet trasferisce sulla tela le sue “impressioni” che vengono altresì filtrate attraverso la memoria. L’atto gestuale della pittura di getto non è più nelle sue corde, ma si delinea uno spostamento verso una rappresentazione più fantasiosa incentrata sull’emozione del ricordo.
Sarà verso l’ultima fase della sua vita che il pittore trasporterà su tela il soggetto che riproporrà più volte nella sua produzione ome un simbolo distintivo dlla sua arte, le ninfee. Esse riportano lo sguardo dell’artista sulla percezione del reale, creando una “realtà riflessa” filtrata attraverso la visione emozionale dell’artista stesso. Lo stagno quindi diventa un nuovo mondo dotato di una propria vita emozionale. La profondità di campo scompare lasciando spazio solamente alla suggestione multicolore dei riflessi della luce sui fiori, in un volontario abbandono del realismo che lascia spazio al ricordo delle forme naturali del mondo.
Dott. Christian Humouda